In un documento del progetto Rebeldia, datato Luglio 2010, tutti i dettagli tecnici della trattativa.
Il Progetto Rebeldía è arrivato nell’attuale sede di via Cesare Battisti 51 nel febbraio 2006, dopo che i locali precedentemente occupati e di proprietà dell’Università dovevano essere liberati a causa della partenza di un cantiere. L’amministrazione comunale andò incontro all’ateneo proponendo uno spazio di proprietà della Compagnia Pisana Trasporti, dandolo in concessione temporanea al Progetto Rebeldía.
Il carattere non definitivo della sistemazione dipendeva dal fatto che l’area è interessata da un progetto di riqualificazione urbana, la “Sesta Porta”, che dovrebbe sistematizzare i trasporti pubblici di Pisa creando un polo intermodale di scambio rotaia-gomma.
Sia l’amministrazione Fontanelli allora, sia quella Filippeschi nel 2008 durante la campagna elettorale, assunsero entrambe l’impegno di trovare, insieme a Provincia di Pisa, ARDSU e Università degli Studi, una soluzione definitiva che riguardasse tutte le attività del Progetto, garantendone continuità, stabilità e unità.
Dal 2007 è stato attivato un tavolo inter-istituzionale fra gli enti su citati e le associazioni di Rebeldía che aveva come obiettivo quello di trovare assieme una soluzione condivisa, in particolare, le entità rappresentate, avrebbero dovuto avviare un tavolo composto solo da tecnici per individuare proposte da sottoporre alla politica.
Il “tavolo tecnico” puramente inteso si è riunito pochissime volte nel corso di quasi 4 anni, mentre quello istituzionale ha stentato a riunirsi: spesso le convocazioni solo in seguito a nostre pressioni pubbliche a mezzo stampa o verso le amministrazioni.
Il progetto Rebeldía in questi anni ha proposto 13 soluzioni di cui solo l’ultima, l’ex ASNU (di proprietà dell’Università), ha ricevuto minima attenzione, pur essendo una soluzione “economicamente vantaggiosa e dal punto di vista dei tempi immediatamente realizzabile, mentre tutte le altre non sono mai state visionate tecnicamente, ne tanto meno hanno ricevuto risposte e valutazioni.
Cogliamo l’occasione anche per fare chiarezza su alcune “questioni” che oggi vengono riproposte impropriamente e non in maniera corretta. L’ipotesi del capannone in via San Jacopo nel 2007 è decaduta in sede di tavolo tecnico da sola, anche a seguito di un sopralluogo, a causa di una legge nazionale sulla tutela delle acque e dell’inquinamento (delibera 4 Febbraio 1977, GU n.48 del 21-2-1977) che vieta di svolgere attività vicino al depuratore presente in quell’area.
Sulla palazzina in via Bovio, il Progetto Rebeldía ha presentato nell’ottobre del 2007 un documento nel quale chiedeva alcuni chiarimenti, a cui l’amministrazione non ha mai risposto. Tra i quesiti posti quello riguardante il fatto che l’area fosse interessata da un progetto di costruzione di un parcheggio, oppure che fosse incassata nelle case del centro storico, con evidenti problemi derivanti dal rumore. Ricordiamo che l’ipotesi decadde da sola allorché l’amministrazione provinciale smentì il Comune circa la messa a disposizione di alcune palestre che avrebbero dovuto completare l’offerta.
Infine in merito a via Saragat, una palazzina di 500 metri quadrati, presso la quale si fece un sopralluogo nell’ottobre 2008, da subito il Progetto Rebeldía prese questa come una buona base di partenza per iniziare assieme una progettazione urbanistica partecipata sul luogo, presentando nel dicembre le osservazioni al tavolo tecnico che decaddero senza più ricevere, neanche ad oggi, nessuna risposta.
Proprio la proposta di via Saragat fu ripresa, a distanza di oltre un anno, dall’assessora Ciccone, incaricata ora di tenere i rapporti con Rebeldía, in modo assolutamente inadeguato rispetto al percorso che il tavolo inter-istituzionale si era prefissato. La soluzione è stata trattata in separata sede e senza coinvolgere le associazioni sino all’uscita di una manifestazione pubblica di interesse sull’area, scaduta l’8 febbraio 2010 ed andata deserta.
Gia dal settembre 2009 il Progetto aveva sollevato pubblicamente numerosi dubbi sul percorso, dallo spreco di risorse pubbliche buttate in affitto, alla assurdità di un percorso non partecipativo, al fatto che l’area così com’è non può soddisfare le esigenze delle 31 associazioni che ora gestiscono uno spazio al coperto di circa 1500 mq, più altri 700 all’aperto.
Ad oggi l’unica proposta che ci è stata fatta è quella di “uscire unilateralmente” dagli spazi di via Battisti in attesa di trovare una soluzione, cosa inaccettabile per le associazioni che non saprebbero dove mettere i numerosi materiali presenti nel luogo e che non vogliono rischiare di chiudere per sempre le loro attività o vedersi smembrare e disperdere in città perdendo così il valore aggiunto che esse hanno ricavato dall’unità e dalla mescolanza.
Progetto Rebeldía
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