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Africa Insieme cambia sede. Marzo 2011

Si avvisano tutti gli utenti che lo sportello migranti di Africa Insieme ha cambiato sede.

A partire dal mese di Marzo lo sportello sarà disponibile agli stessi orari (Martedi e Giovedi dalle 18.30 alle 20) presso il Circolo ARCI Bala Laika in Via Montanelli 123 a Pisa.

Per raggiungere il circolo Bala Laika:

In auto o a piedi:

Da Piazza della Stazione prendere Via Filippo Corridoni. Dopo circa 200 metri girare a destra, imboccare il Cavalcavia S. Giusto e attraversare il ponte sulla ferrovia (la direzione è quella verso l’Aeroporto). Alla fine del cavalcavia si prende la seconda strada a sinistra, Via Giuseppe Montanelli. Il numero 123 è in fondo, dopo la Chiesa, all’incrocio con Via I. Possenti.

In autobus

Da Piazza della Stazione prendere il numero 5 in direzione Putignano. La fermata è davanti al circolo Bala Laika

Per informazioni chiamare il numero 388-7415718

 

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Luglio 2010. La Corte Costituzionale approva la legge toscana in materia di immigrazione

Nel Luglio 2010 la Corte Costituzionale, respingendo il ricorso presentato dal Governo, dichiara legittima la legge regionale in materia di immigrazione, approvata nel 2009. Africa Insieme chiede che la legge venga applicata, e che sia garantito in particolare il diritto all’assistenza sanitaria per tutti gli immigrati.

24 Luglio 2010. Immigrati, ha ragione la Toscana. Articolo da La Repubblica

– I punti più significativi della legge regionale. Dal sito della Regione Toscana

– Il testo integrale della legge

– “Servizi sanitari anche agli irregolari”. Intervista a Claudio Martini (all’epoca Presidente della Regione) sul Corriere della Sera del 19 Maggio 2009

– “La nostra legge è all’avanguardia”. Il commento dell’attuale Presidente Enrico Rossi su La Repubblica del 24 Luglio 2010

– Il testo della sentenza della Corte Costituzionale

– Africa Insieme: rispettare la sentenza. Leggi comunicato e articolo su Pisanotizie

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Verso un nuovo CIE in Toscana?

29 Gennaio 2010. Verso un nuovo CIE in Toscana? Il candidato alla Presidenza della Regione, Enrico Rossi, si esprime favorevolmente. Il commento di Africa Insieme. Leggi su Pisanotizie

28 Gennaio 2010. Il candidato Enrico Rossi: “Si ai CIE, purchè piccoli e nel rispetto dei diritti umani”. La Repubblica

– 9 Giugno 2010. Il Consiglio Regionale approva una mozione sui CIE. Leggi il testo

9 Luglio 2010. Esiste un “modello toscano” sui CIE? Dibattito alla Festa di Liberazione, partecipa Africa Insieme. Leggi resoconto di Pisanotizie o guarda video

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No alla sanatoria truffa: la vertenza contro la circolare Manganelli (2010)

Sanatoria truffa: video di Moni Ovadia

Regolarizzazione con inganno: un articolo di Filippo Miraglia (ARCI nazionale) che spiega cosa è successo

Per una scelta di equità e giustizia: l’appello nazionale

Il sito per aderire all’appello nazionale

Perchè la “circolare Manganelli” è illegittima. Saggio di Guido Savio (ASGI)

Il TAR Toscana contro la circolare Manganelli: la sentenza dell’Aprile 2010

Un documento di Africa Insieme sulla vicenda

 

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Regolarizzazione con inganno. Di Filippo Miraglia (ARCI)

Dal Manifesto, 24 Marzo 2010

Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Dopo gli allarmi lanciati in tante città per il comportamento degli sportelli unici delle Prefetture e delle Questure che rigettano le domande di regolarizzazione di lavoratori stranieri condannati per inottemperanza all’ordine del Questore di lasciare il Paese per irregolarità del soggiorno, arriva la conferma che l’ordine arriva dall’alto. E che si tratta di un imbroglio nei confronti di datori di lavoro e migranti che, fidandosi dello Stato, hanno presentato domanda di regolarizzazione.

Con una circolare firmata dal capo della polizia, in netto contrasto con l’orientamento espresso dallo stesso ministero, si chiude la trappola organizzata contro quegli stranieri che, avendo avuto la sfortuna di incappare nelle forze dell’ordine dopo un provvedimento d’espulsione, ed essendo quindi stati condannati per non aver lasciato l’Italia come ordinato dal Questore, hanno partecipato alla regolarizzazione di settembre come tanti altri, fidandosi di quanto affermato in più sedi dal governo. Si tratta di una vera e propria infamia. Si emana un provvedimento di regolarizzazione che riguarda lavoratori e famiglie. Si sbandiera ai quattro venti come positivo un intervento che discrimina altre centinaia di migliaia di lavoratori e aziende (introducendo peraltro un elemento di corruzione, arbitrio e ricattabilità nei confronti dei migranti indegno di una democrazia), si dichiarano le condizioni per le quali questo è possibile e poi ci si rimangia quanto sostenuto e si fa scattare la trappola.

«La giustizia è uguale per tutti», c’è scritto in quei tribunali che il presidente del consiglio non vuole frequentare nonostante sia spesso invitato a farlo. Ma le garanzie valgono solo per i potenti. Gli immigrati, le loro famiglie e chi li ha assunti devono sottostare agli umori preelettorali di una maggioranza xenofoba e incapace di serietà e affidabilità.

Cosa succederà adesso? È prevedibile, e le organizzazioni sociali si adopereranno in questo senso, che il sistema della giustizia amministrativa venga investito da migliaia di ricorsi. Così il governo ottiene il doppio brillante risultato di promuovere la criminalizzazione dei migranti e il razzismo che ne consegue, e di ingolfare il sistema della giustizia amministrativa per poter continuare a parlar male della magistratura. Noi sappiamo, come sanno il capo della polizia e il ministro e come spiegano i giuristi, che questa circolare e l’interpretazione della norma che stanno già dando le Questure non sono coerenti con la legislazione e che si tratta di un vero e proprio imbroglio (non essersi allontanati dal Paese a seguito di una espulsione non è un reato che rientri tra quelli previsti come ostativi alla regolarizzazione), eppure dobbiamo assistere a questo ennesimo scempio della democrazia e della giustizia per l’ingordigia di un governo che, non soddisfatto di aver già prodotto danni seri ai migranti e ai datori di lavoro che hanno aderito alla regolarizzazione, si adopera a organizzare anche la beffa. Una beffa alla quale bisognerà reagire con forza, dicendo basta nelle aule dei tribunali, nelle piazze e magari intasando con messaggi di indignazione le mail dei principali responsabili di questa infamia.

Ps.: caro ministro, chi restituirà i 500 euro alle famiglie che si sono fidate?

Filippo Miraglia,  responsabile immigrazione Arci

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Primo Marzo, un giorno senza di noi

Il primo Marzo 2010, gli immigrati di tutta Europa manifestano contro il razzismo e per i diritti dei migranti. Una giornata di sciopero delle fabbriche e delle cooperative, dei cantieri e dei braccianti, uno sciopero delle “badanti” e degli ambulanti, una giornata di sciopero contro il razzismo e la precarietà. “Un giorno senza di noi”: un giorno senza autoctoni e migranti, uno giorno senza noi tutti, per far vedere quanto siamo importanti.

Leggi:

“Un giorno senza di noi”. Il manifesto nazionale dell’iniziativa

Il Primo Marzo 2010. Pagina speciale del sito Melting Pot

Le manifestazioni del Primo Marzo a S. Croce e a Pisa. Da Pisanotizie

Le foto delle manifestazioni pisane. Da Pisanotizie

Il Primo Marzo: video Pisanotizie

Uno sciopero generale dei migranti? Said Talbi, di Africa Insieme, intervistato dal quotidiano “Terra”, 14 Settembre 2009

Verso il Primo Marzo: le iniziative di Africa Insieme. Dal Tirreno di Pontedera, 30 Dicembre 2009

– Verso il Primo Marzo: Africa Insieme, con Emergency Pisa, El Comedor Estudiantil Giordano Liva, Laboratorio delle disobbedienze Rebeldia e Anelli Mancanti Firenze organizza un dibattito con Gabriele del Grande. Leggi da Pisanotizie

– Verso il Primo Marzo: intervista a Gabriele del Grande, da Pisanotizie

– “Anche i migranti colpiti dalla crisi”. L’intervento del Sindaco di Pisa Marco Filippeschi sul Tirreno

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C’era una volta il Questore di Pisa. Un articolo su “Carta” (Gennaio 2004)

Gennaio 2004: a Pisa si è appena insediato il nuovo Questore, dott. Franco D’Urso, che sostituisce il dott. Eugenio Introcaso alla guida della polizia di Stato. Il settimanale “Carta” pubblica un lungo articolo che riassume le vicende che hanno portato alla rimozione di Introcaso.

C’era una volta il Questore di Pisa

SERGIO BONTEMPELLI (Africa Insieme di Pisa)
DARIO DANTI (Rebeldia-laboratorio delle disobbedienze)

Da “Carta”, 15-21 Gennaio 2004

19 Luglio 2003: all’alba, la polizia irrompe nei locali occupati dai disobbedienti e ne ordina lo sgombero, provvedendo anche alla denuncia degli occupanti. Siamo a Pisa, e nella città che ha dato i natali al ‘68 nessuno si scandalizza per l’occupazione di un edificio abbandonato: specialmente se quello stesso edificio diventa per 50 giorni un luogo di incontri, dibattiti e feste aperte a tutti, e se gli occupanti provvedono alla bonifica dell’area circostante (divenuta nel tempo una comoda ed invisibile discarica in pieno centro cittadino). Lo sgombero appare però, ad occhi poco attenti, una storia come tante altre: in fondo quei ragazzi, pur avendo suscitato le simpatie degli abitanti del quartiere, hanno commesso un reato, e la polizia ha pur sempre fatto il suo dovere. Certo, ha usato modi insolitamente duri che si potevano evitare: ma sono cose che capitano.

E invece non si tratta del “solito” sgombero: siamo di fronte – lo vedremo tra poco – al prologo di un’altra storia. I ragazzi del Rebeldia – così era stata ribattezzata la struttura nei 50 giorni dell’occupazione – protestano, fanno sentire la loro voce e decidono di rientrare nell’edificio per poche ore, a titolo simbolico. La risposta della polizia non si fa attendere: e lo sgombero, stavolta, è eseguito con insolita durezza. Il capo della DIGOS, nel corso delle operazioni, estrae addirittura la pistola: lo ferma solo l’intervento di Giovanni Russo Spena e Titti de Simone, deputati di Rifondazione giunti a Pisa per garantire lo svolgimento pacifico della manifestazione.

5 Giugno 2003: la stampa locale dà notizia che, nell’ambito della riorganizzazione interna della Questura, il Dirigente dell’Ufficio Immigrazione dott. Giuffrida viene confermato nel suo incarico. Cambia, invece, il responsabile della Divisione P.A.S., cioè la struttura che coordina il lavoro degli uffici amministrativi (passaporti, porto d’armi, immigrazione ecc.). Passano circa due mesi e cambia anche il dirigente dell’Ufficio Immigrazione. Sembrano normali avvicendamenti burocratici, come quelli già avvenuti pochi mesi prima ai vertici della DIGOS, e nessuno dà peso alla notizia: ma anche le piccole cose, a volte, hanno la loro importanza.

E infatti, nell’arco di poche settimane cambia tutto: l’Ufficio Immigrazione decide di non ricevere più né avvocati, né associazioni. I problemi che da anni caratterizzano lo sportello al pubblico – scarsità di personale, fascicoli persi, violazione sistematica dei diritti degli utenti – non vengono più risolti dall’intervento del dirigente, e si trasformano in veri e propri drammi: gli stranieri sono costretti a fare lunghe file per sentirsi dire che il soggiorno è stato perso, e non possono rivolgersi ad un legale. Per di più, l’intraprendente responsabile della divisione P.A.S. decide di negare il permesso di soggiorno a numerosi rom del campo nomadi, per i quali un progetto del Comune – generosamente finanziato dalla Regione Toscana – prevedeva percorsi di regolarizzazione e l’inserimento abitativo in case popolari o in alloggi pubblici.

Così, a trovarsi vittime di una nuova gestione autoritaria della Questura sono non solo i disobbedienti del Rebeldia, ma anche gli stranieri, gli avvocati, le associazioni di volontariato e gli stessi enti locali. E il comportamento del nuovo Questore dott. Eugenio Introcaso, da poco più di un anno a Pisa, comincia ad assumere un profilo chiaro: non si tratta infatti dell’eccesso di zelo di un poliziotto troppo legato al suo ruolo, ma di un vero e proprio progetto politico. Sulla stampa locale, per tutto l’anno 2003, appaiono centinaia di articoli che celebrano le gesta della Polizia di Stato: retate contro prostitute e stranieri, azioni antiracket, controllo capillare del territorio, sequestro di merce contraffatta sono notizie che ogni giorno rimbalzano sulle prime pagine e sulle “civette” dei giornali.

Il dott. Introcaso, insomma, comunica direttamente con l’opinione pubblica e con la stampa locale, vuole parlare al “cittadino” e all’”uomo qualunque” solleticando il suo bisogno di ordine e sicurezza. E rifiuta ogni forma di mediazione sociale: gli enti locali, i sindaci, le associazioni, gli stessi avvocati sono un fastidio inutile. Il progetto di Introcaso sembra calare dall’alto: e la nuova Questura, con quel mix di gestione autoritaria e di comunicazione mediale, appare la longa manus berlusconiana in una piccola città della “rossa” Toscana.

E’ forse anche per questo motivo che, per lunghi mesi, nessuno apre bocca per contestare i nuovi orientamenti della polizia locale: il dott. Introcaso sembra molto forte, è sicuro di sé ed è protetto da Roma. L’orientamento decisionista della Questura finisce così per nutrirsi di un ingrediente fondamentale per ogni progetto politico autoritario: la paura. Hanno paura gli stranieri, che temono per i loro permessi di soggiorno; hanno paura le associazioni di volontariato, che difendono persone vulnerabili e temono ritorsioni contro i loro assistiti; hanno paura gli enti locali, che nel dott. Introcaso vedono un uomo potente e inattaccabile; e si ha paura per le decine di denunce che piovono ad ogni manifestazione e iniziativa pubblica.

Così, per mesi interi nessuno fa il primo passo, e la foto del dott. Introcaso campeggia indisturbata su tutti i quotidiani locali, a garantire quiete e sicurezza al cittadino comune. Sono poche le storie a lieto fine, ma questa per fortuna lo è. I ragazzi del Rebeldia sono i primi a rompere il silenzio. “La questione dello spazio” – racconta Ciccio Auletta dei disobbedienti – “diventa la questione degli spazi. Abbiamo denunciato i tanti immobili di proprietà dell’Università comprati e lasciati abbandonati da anni: si tratta di migliaia di metri quadri in pieno centro”. Così a Novembre l’occupazione temporanea della ex officina Fiat Etruria vede all’interno una tre giorni di socialità e politica. Intorno a questa esigenza di “intendere lo spazio pubblico come bene comune” si forma anche un cartello della società civile con l’adesione di oltre trenta associazioni cittadine e, tra i singoli, del regista di Segreti di Stato Paolo Benvenuti. All’inizio di Dicembre, due nuove occupazioni – una dei disobbedienti, l’altra degli studenti delle scuole superiori – finiscono con il solito sgombero e con le solite minacce.

Gli occupanti non ci stanno e protestano pubblicamente: chiedono solidarietà e si rivolgono ai partiti, al sindaco, agli enti locali. In poche ore il clima di silenzio si trasforma in un frastuono assordante: contro gli sgomberi intervengono Rifondazione, i Verdi, la Margherita, i DS, il Sindaco di Pisa e il Presidente della Provincia, il consiglio comunale e due consigli di circoscrizione, gli ultras della squadra di calcio, la Legambiente e la Rete di Lilliput. Un lungo corteo di mille persone – la stessa “gente” che doveva costituire l’interlocutore naturale del dott. Introcaso – sfila per le strade cittadine.

Il silenzio si è rotto, e a prendere coraggio sono stavolta gli stessi poliziotti in servizio alla Questura di Pisa, vessati da provvedimenti disciplinari e trasferimenti punitivi: nessuno ci aveva pensato – forse per l’antica diffidenza che una città sessantottina riserva alla gente in divisa – ma sono loro le prime vittime del “nuovo corso”. Il 14 Dicembre, quattro sigle sindacali per la prima volta unite attaccano, e denunciano sulla stampa locale il “clima di terrore” instaurato all’interno della Questura.

Passano pochi giorni e arriva l’ultima bordata. Africa Insieme, la storica associazione cittadina impegnata sui diritti dei migranti, accusa l’Ufficio Immigrazione: minacce, pratiche sparite, diritti sistematicamente calpestati, irreperibilità dei dirigenti. E annuncia tre interrogazioni parlamentari: una, alla Camera, di Giovanni Russo Spena (PRC), una al Senato di Stefano Boco (Verdi) e l’ultima, sempre al Senato, dell’ex Rettore dell’Università di Pisa Luciano Modica e della senatrice Vittoria Franco (DS).

“Per chi, come noi, l’ha vissuta dall’interno”, spiega Giuliano Campioni, docente universitario e Presidente di Africa Insieme, “questa è una storia drammatica, difficile, costellata di paure e di preoccupazione. A raccontarla, invece, sembra sin troppo banale”. Banale perché, anzitutto, come le favole dei bambini, ha un lieto fine: il 27 Dicembre, pochi giorni dopo le numerose denunce pubbliche contro l’operato del Questore, i giornali locali annunciano il trasferimento del dott. Introcaso a Taranto. E poi perché, come le più stucchevoli storie dei bambini, ha una “morale della favola”. Anzi due.

La prima “morale della favola” è che la paura è cattiva consigliera: chi sembra invincibile spesso non lo è, e gioca proprio sul timore di chi gli sta vicino, sul suo silenzio e sulla sua forzata complicità. La seconda “morale della favola” è che l’unione fa la forza. Nessuno prima d’ora, a Pisa e forse anche altrove, aveva anche solo immaginato che potessero finire dalla stessa parte, ognuno col suo linguaggio, i disobbedienti, i migranti, il volontariato e i sindacati di polizia: e invece è proprio la pluralità delle voci che ha garantito efficacia e risultati. Un lieto fine e due morali della favola: proprio una piccola storia, insomma, quella di Pisa. Quasi non valeva la pena raccontarla.

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“L’immigrazione non si governa con i blitz“. Novembre 2001

Nel Novembre 2001 la Questura dispone un’operazione straordinaria di controllo all’interno del Centro di Accoglienza. Motivata formalmente da sospetti sul traffico di droga, l’operazione ottiene come unico effetto l’espulsione di alcuni immigrati irregolari. Africa Insieme contesta la Questura di Pisa per un’operazione tanto inutile quanto spettacolarizzata.

Guarda:

Il blitz al Centro di Accoglienza. Il Tirreno, 6 Novembre 2001:blitz1

Leggi la posizione di Africa Insieme sul Tirreno

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“Espulsa una giovane rom incinta”. La denuncia di Africa Insieme e Mezclar, Maggio 2006

Nel Maggio 2006 Africa Insieme denuncia il caso di una giovane donna rom romena, incinta e perciò non espellibile per legge, che viene invece espulsa e portata nel CPT di Ponte Galeria a Roma. Dopo una lunga vertenza, in cui vengono mobilitati anche alcuni parlamentari, la giovane donna viene liberata.

Leggi:

“Il caso Liuba”. Da Liberazione, 1 Maggio 2006

Il comunicato delle associazioni

Il certificato medico che dimostra lo stato di gravidanza della giovane rom

La relazione medica dell’associazione Mezclar

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“Il caso Ljuba”. Comunicato delle associazioni, 30 Aprile 2006

In questi giorni abbiamo assistito ad un episodio di eccezionale gravità: una giovane donna incinta, di nazionalità rumena, è stata trattenuta in Questura per un controllo sui documenti, quindi inviata al Centro di Permanenza di Roma per essere espulsa benchè la legge vieti espressamente l’espulsione per le donne in stato di gravidanza. Questi, in estrema sintesi, i fatti.

Il 20 Aprile scorso, agenti della Polizia Municipale e della Questura hanno effettuato un controllo presso l’abitazione della ragazza: si tratta di una baracca alla periferia della città, senza acqua potabile, corrente elettrica e servizi igienici. Un luogo dove una donna incinta non dovrebbe abitare, che forse avrebbe meritato un intervento dei servizi sociali e degli uffici casa del Comune, più che della Polizia.

La giovane donna, poco più che maggiorenne, non aveva il permesso di soggiorno, ma ha detto subito di essere incinta: è stata ugualmente accompagnata alla Questura per accertamenti. Ha mostrato un certificato medico, rilasciato dall’Ospedale S. Chiara di Pisa, dove era scritto chiaramente che con tutta probabilità si trovava nelle prime settimane di gravidanza, e che doveva sottoporsi ad ulteriori visite. Il certificato è stato ignorato dagli agenti in servizio, e per la donna è scattata l’espulsione.

La ragazza è stata accompagnata al Centro di Permanenza di Ponte Galeria a Roma, in attesa di sbrigare le formalità burocratiche necessarie per il rimpatrio. L’equipe medica dell’Associazione Mezclar, in un parere, ha spiegato che «il trasferimento nel Cpt di Ponte Galeria, senza aver accertato lo stato di gravidanza, ha esposto la ragazza ad un rischio per la sua salute e quella dell’eventuale bambino». Infatti nel primo periodo di una gravidanza quando è più alto il rischio di aborto e quando si consiglia il riposo, la ragazza è stata sottoposta al lungo viaggio verso Ponte Galeria, al sovraffollamento e alle dubbie condizioni igieniche del CPT, nonché ad un elevato livello di stress psico-fisico che sappiamo aumentare ulteriormente il rischio di un’interruzione di gravidanza.

Africa Insieme ha prontamente inviato il certificato medico al Centro di Permanenza. Qui, si è proceduto ad un giudizio sommario, senza la presenza di un avvocato e di un traduttore: il Giudice ha autorizzato l’espulsione, subordinandola però ad un ulteriore accertamento sullo stato di gravidanza. Il personale del Centro li ha comunicati a voce alla ragazza, di nuovo senza la presenza di un traduttore: “mi hanno detto che non sono incinta”, ci ha raccontato piangendo al telefono, “ma solo raffreddata”.

Grazie all’intervento dell’associazione romana “Action”, alcuni avvocati e parlamentari hanno fatto visita alla ragazza: l’hanno trovata spaventata e in pessime condizioni di salute. Al senatore Francesco Martone ha raccontato alcuni fatti ancora da chiarire, su cui sarà presentato nei prossimi giorni un esposto alla Procura della Repubblica. Infatti la ragazza durante la sua detenzione nel CPT ha accusato forti dolori addominali e un’emorragia importante in concomitanza con l’assunzione di farmaci somministrati alla ragazza dal personale medico del CPT , senza che lei capisse cosa stesse prendendo. Rimane da chiarire quale sia stato la causa clinica del suo malessere, il perché questo evento non sia stato indagato clinicamente, che farmaci abbia assunto, ma al momento risulta impossibile dato che né la ragazza, né il suo legale, anche in presenza del senatore Martone, sono riusciti a prendere visione della cartella clinica e del risultato del test di gravidanza.

L’unica cosa certa è che avrebbe bisogno di riposo, di accertamenti medici accurati e di un ricovero ospedaliero. La donna è in pericolo per la sua salute e per la sua integrità fisica, ma resta trattenuta al Centro di Permanenza perché su di lei grava un provvedimento di espulsione.

Ci chiediamo come sia stato possibile tutto questo. Abbiamo chiesto spiegazioni alle forze dell’ordine della nostra città, il cui intervento sbrigativo ha portato a queste conseguenze. Il Comando della Polizia Municipale, più volte contattato al telefono, non si è mai degnato di rispondere. Un dirigente della Questura ci ha spiegato che questo comportamento non corrisponde alla normale prassi della Polizia, e che probabilmente c’è stato un fraintendimento tra gli agenti e la ragazza. Vero è, però, che i rimpatri vengono eseguiti in fretta, quasi si trattasse di emergenze di ordine pubblico. In Questura non esistono traduttori, nemmeno nelle lingue più comunemente parlate dagli immigrati (arabo, francese, albanese o rumeno); nel corso delle procedure di espulsione gli stranieri non possono comunicare al telefono con nessuno. Gli avvocati sono contattati direttamente dalla Questura, se il legale di fiducia non si trova dopo il primo tentativo si chiama quello d’ufficio, che spesso non ha interesse ad occuparsi del caso. Come si può pensare che procedure di questo tipo garantiscano i diritti delle persone trattenute?

L’espulsione è stata evidentemente condotta in maniera irregolare e illegale e ha esposto una donna che con molta probabilità era incinta al rischio di un aborto precoce e a problemi di salute che dovranno essere ancora accertati, data la riluttanza del gestore del CPT a rilasciare le dovute informazioni.

Chiediamo quindi al Questore di revocare unilateralmente il decreto espulsivo, senza attendere la decisione del giudice sul ricorso presentato dal legale. In questo modo, la ragazza verrebbe immediatamente liberata dal CPT, e potrebbe sottoporsi ad accertamenti medici.

Africa Insieme, Ass. Mezclar-Ambulatorio Migranti, Laboratorio delle disobbedienze-Rebeldia

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