Nel Marzo 2012, il Comune di Pisa propone di costruire una “barriera” per impedire la fuga dei venditori ambulanti stranieri durante le periodiche “retate” dei Vigili Urbani. Le proteste di associazioni e migranti. La posizione di Africa Insieme.
5 Marzo 2012
– La proposta del Comune: una “barriera” contro i venditori ambulanti. Il Tirreno
– Il comunicato stampa del Collettivo Rebeldia. Leggi
– “Barriera” contro gli ambulanti stranieri, è polemica. Dura presa di posizione del CASTO, il coordinamento delle associazioni senegalesi in Toscana. Intervengono anche Africa Insieme e Rebeldia. Pisanotizie
Il comunicato di Africa Insieme sullaproposta del Comune di Pisa di costruire una barriera o recinzione per impedire la fuga dei venditori ambulanti.
Aberrante, disumana, e anche un po’ grottesca. Difficile definire diversamente quella che sembrerebbe l’ultima trovata dell’Amministrazione comunale: l’ipotesi di costruire sul Litorale una “barriera” – una rete di recinzione, una staccionata in legno o chissà che altro – per impedire le fughe degli ambulanti stranieri durante le “retate” dei vigili urbani. Un’idea affidata ad un’anticipazione di stampa, confermata a mezza bocca da un assessore, non smentita dal Sindaco: ma, almeno per ora, mai scritta nero su bianco su documenti ufficiali o atti amministrativi.
Vogliamo credere che si tratti soltanto di un gigantesco equivoco. Che la Giunta, nelle prossime ore, rettifichi, spiegandoci che abbiamo capito male. Diversamente, saremmo di fronte a un’idea degna di entrare nella galleria degli orrori. Ce ne sono tutti gli ingredienti: persone trattate come animali da contenere e mettere in gabbia; muri, recinti e fili spinati come risposta ai problemi sociali; e, infine, un inconfondibile clima da Bar Sport, dove ha la meglio chi la spara più grossa. Vogliamo credere che non sia vero. Che non si tratti della “sparata” di un’amministrazione a corto di idee, e in cerca di facili consensi.
Il 13 Dicembre 2011 un cinquantenne, militante della formazione di estrema destra “Casa Pound”, irrompe armato in un mercato all’aperto a Firenze: comincia a sparare contro i venditori ambulanti senegalesi, uccidendone due sul colpo e ferendone gravemente altri tre, quindi si spara alla testa e si uccide. La rabbia e il cordoglio della comunità senegalese.
Pape Diaw (Comunità senegalese Toscana): “il frutto delle politiche dell’odio”
– Strage razzi-fascista a Firenze, i commenti delle associazioni e delle forze politiche. Da Pisanotizie
– “Basta razzismo”. Corteo in centro della Comunità Senegalese. Leggi resoconto e foto su Pisanotizie
– Cinquecento senegalesi in piazza a Pisa. Resoconto de Il Tirreno
– Invasione pacifica, gli immigrati sotto al Comune. Resoconto de La Nazione
16 Dicembre. Verso la manifestazione regionale.
– L’appello per la manifestazione regionale. Leggi
– “Per Mor e Samb e per tutti noi, in piazza a Firenze”. Verso la manifestazione regionale. Da Pisanotizie
– Il consiglio comunale di Pisa, su proposta di Africa Insieme, avvia una raccolta fondi per i familiari delle vittime. Leggi notizia su Il Tirreno online e Pisatoday
– Il Progetto Rebeldia scende in piazza e convoca il primo Municipio dei Beni Comuni di Pisa: “ritirare il protocollo per Pisa Sicura”. Leggi resoconto di Pisanotizie e testo della delibera approvata dal “Municipio Beni Comuni”
17 Dicembre 2011. Manifestazione regionale a Firenze
Il 6 Aprile 2011 arrivano a Pisa alcune decine di profughi tunisini sbarcati a Lampedusa. Vengono sistemati in due campi di accoglienza, uno nel parco di S. Rossore e l’altro a S. Piero a Grado, lungo la Via Bigattiera.
I campi di accoglienza vengono però chiusi e recintati, e resi insaccessibili all’esterno. Africa Insieme, con le altre associazioni del Progetto Rebeldia, rivendicano il diritto di ingresso per i volontari, e il diritto di uscita per i migranti all’interno delle strutture.
Così, al Campo di S. Piero le associazioni organizzano, per protestare contro il filo spinato, delle attività attraverso la recinzione: corsi di italiano, sportello di informazione e consulenza legale, attività di animazione e di conoscenza reciproca. Al contempo, le associazioni chiedono al Prefetto di poter entrare nelle strutture.
Lezioni di italiano “attraverso la rete”. Foto Jenny de Salvo
La questione Coltano. L’analisi di Sergio Bontempelli (Africa Insieme)
Tra la fine di Marzo e l’inizio di Aprile 2011, l’arrivo di profughi dal Nordafrica congestiona il Centro di Accoglienza di Lampedusa, e spinge il Governo a cercare altri siti in Italia dove inserire i profughi. Per la Toscana, viene individuata una struttura militare dismessa a Coltano, in grado di trattenere 500 profughi: ma le proteste della Regione e del Comune spingono il Ministero adabbandonare questa soluzione.
Viene così predisposto un sistema diverso, fondato su “centri” più piccoli sparsi nel territorio toscano. Per Pisa, viene individuata una struttura a Calambrone: ma le proteste di un gruppo di abitanti della zona, culminate in un gravissimo episodio di vandalismo e violenza di matrice xenofoba, spingono ad abbandonare anche questa soluzione.
La struttura di Coltano. Foto Sergio Bontempelli
29 Marzo. Il Governo vuole inviare i profughi di Lampedusa a Coltano. Prime proteste della Regione e del Comune
– Profughi, tendopoli alle porte di Pisa. Il Tirreno
– Coltano: ecco dove saranno “rinchiusi” centinaia di profughi. Pisanotizie (guarda anche le foto)
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30 Marzo. Contro la struttura di Coltano, proteste di segno opposto. Il Sindaco: “sull’accoglienza Coltanoha già dato, ora è satura”. Le associazioni di Rebeldia: “no al lager”
– Filippeschi incontra gli abitanti: “sull’accoglienza Coltano ha già dato”. Pisanotizie
1-2 Aprile. La Regione convince Maroni: il lager di Coltano non si farà, al suo posto mini-centri di accoglienza distribuiti sul territorio
– Maroni cede, Rossi prepara i mini-centri. L’Unità
– Maroni apre al “modello toscano”, Coltano tramonta. La Repubblica
– Il governatore della Toscana Enrico Rossi: “così ha vinto il nostro modello”. La Repubblica
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2 Aprile. Tramontata l’ipotesi Coltano, i profughi andranno a Calambrone. Prime proteste sul Litorale
– Profughi, ecco la mappa dei “mini-siti” in Toscana. La Repubblica
– Non ci sarà il lager a Coltano, cento tunisini nell’ex Ospedale di Calambrone. Il Tirreno
– Coltano vince, ma 120 tunisini sono in arrivo a Calambrone. Protestano gli abitanti. La Nazione
– Stop definitivo a Coltano, a Pisa sarà attivata la struttura di Calambrone. Pisanotizie
– Molti lavori da fare, ma il recupero è possibile. Il reportage di Pisanotizie sulla struttura di Calambrone. Leggi
– Le foto di Pisanotizie alla struttura di Calambrone. Guarda
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3 Aprile. Proteste contro la nuova struttura di Calambrone. I commercianti: “rovina il turismo”
– Ora protesta il Litorale: “ci rovinano la stagione”. Il Tirreno
– Calambrone si ribella, la Regione tira dritto. In arrivo i migranti al porto di Livorno. La Repubblica
– Gelo su Calambrone, “così si rovina il turismo”. E il PD si spacca. Intanto arrivano i migranti al porto di Livorno. L’Unità
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4-5 Aprile. Una nave carica di migranti attracca al porto di Livorno. Le associazioni di Rebeldia: “Benvenuti”. Gravissime violenze anti-immigrati davanti alla struttura di Calambrone
– Presidio a Calambrone contro l’arrivo dei tunisini. Leggi servizi di Tirreno e Nazione
– La nave “Superba” attracca a Livorno, migranti smistati in tutta la Toscana. Leggi servizio di Pisanotizie
Gravissima aggressione ai giornalisti durante il presidio anti-immigrati di Calambrone. Guarda qui sotto il video di Pisanotizie:
– La rivolta di Calambrone: “non siamo di serie B”. L’Unità
– Scontro sull’accoglienza, strada bloccata e proteste. Il Tirreno
– Irruzione nella struttura di Calambrone, momenti di tensione. Il Tirreno
– “Niente video”, tensioni con i giornalisti. Il Tirreno
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6 Aprile. Gravissimi atti vandalici alla struttura di Calambrone
– Atti vandalici nella struttura di Calambrone. Pisanotizie
– Raid vandalico nella notte, la struttura di Calambrone resa inagibile. Il Tirreno
– Vandali in azione nella notte, inagibile l’ex Ospedale. La Nazione
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7-15 Aprile. Il dibattito sugli atti di vandalismo. Confcommercio minimizza, il PD si dissocia, ma alla fine le proteste ottengono un risultato: niente accoglienza a Calambrone. Rebeldia: “interrompere ogni relazione con Confcommercio”
– Scontro sugli atti vandalici, Confcommercio minimizza, il Pd attacca. Il Tirreno
– “Nessuna devastazione, l’ex Ospedale di Calambrone è fatisciente”. La Nazione
– I profughi non andranno a Calambrone. La Repubblica
– Confcommercio minimizza e rilancia: ora via i campi rom e l’abusivismo commerciale. Pisanotizie
– Le associazioni di Rebeldia: “le istituzioni interrompano i rapporti con Confcommercio”. Pisanotizie
I profughi ospitati nelle strutture di S. Piero e S. Rossore
PISA. Un vu’ cumprà che si ribella alla violenza razzista ha scatenato una vicenda che divide, da una settimana, la città e i suoi organismi amministrativi e politici.
E’ la storia di un senegalese, Abdou Diaw, 32 anni, venditore ambulante che accusa tre vigili urbani di averlo picchiato a sangue in un ufficio comunale e di avergli rubato i soldi.
Le accuse del senegalese sono state confermate dalle testimonianze di tre studenti. Due dei tre vigili si difendono affermando che Abdou Diaw s’ è fatto male da solo, come fanno sempre quei poveri cristi dalla pelle scura, per poi denunciarci. Il terzo si dissocia dai colleghi, dichiarando di aver tentato d’impedire le violenze, e per questo riceve velate minacce dagli altri vigili.
La giunta comunale di sinistra, dopo una prima, tempestosa riunione, emette un comunicato sibillino in cui si rinviano tutte le decisioni al termine dell’ inchiesta giudiziaria.
Il senegalese, però, ha deciso di ritirare la denuncia. Ieri, Abdou Diaw ha scritto una lettera aperta alla cittadinanza e al sindacato dei vigili urbani, spiegando perché non ha portato avanti le accuse contro i tre agenti municipali.
Una lettera piena di dignità, in cui il senegalese chiede rispetto per i suoi connazionali e propone una nuova pace tra pisani e immigrati di colore.
“E’ per me importante dire chiaramente che la comunità dei senegalesi di cui faccio parte”, scrive Abdou Diaw, “ha sempre avuto un buon rapporto con la città e ci tiene a mantenerlo. Proprio per non incrinare questo rapporto civile non ho voluto esasperare l’ episodio di cui sono stato vittima”.
“Vorrei però precisare”, spiega il senegalese, “che ritengo profondamente lesivo della mia dignità e di quella dei miei connazionali quanto affermato dai vigili urbani (e che ha trovato sostegno dallo stesso sindacato aziendale Cgil, Cisl e Uil, n.d.r.) secondo cui noi avremmo l’ abitudine di procurarci lesioni per poterli denunciare”.
“Per noi senegalesi”, aggiunge Diaw, “non è facile trattare con la legge, figuriamoci se ci metteremmo da soli nelle condizioni di doverlo fare…”.
Abdou Diaw conferma “”di essere stato picchiato e derubato, così come hanno spiegato anche i testimoni e lo stesso vigile urbano che s’ è dissociato dai suoi colleghi, della cui scelta sono contento e commosso”.
Il senegalese affronta poi il problema del razzismo strisciante, della violenza e della ghettizzazione in cui viene costretta la comunità d’ immigrati africani. E lo fa rifiutando l’ etichetta appiccicatagli addosso dai vigili urbani: “Non è giusto che mi chiamino povero cristo dalla pelle scura, anche perché sono religioso, ma di fede musulmana”.
Sulla vicenda delle violenze contro gli immigrati di colore sono intervenuti sia la Camera del Lavoro, sia i sindacati confederali. Ambedue si sono dissociati dalla posizione presa dai sindacati aziendali, invitando le associazioni di categoria ad avviare un’ indagine approfondita sull’ episodio e sulla condizione generale dei senegalesi a Pisa.
E ieri sera s’ è riunita la giunta comunale su richiesta dei consiglieri comunisti: “La lettera aperta di Abdou Diaw costituisce un fatto nuovo”, sostiene il Pci, “non è più possibile minimizzare o tergiversare. E’ una denuncia che sollecita la coscienza di ogni cittadino e quella delle autorità competenti ad assumere tutte le decisioni affinché si raggiunga la piena integrazione degli immigrati di colore con la città”.
Nel Settembre 2009 il Comune dispone l’ennesimo sgombero contro una piccola comunità di rom rumeni, “rei” di non aver accettato i “rimpatri volontari e assistiti”. Africa Insieme ricorda che furono proprio i ripetuti sgomberi a condurre, due anni prima, alla drammatica vicenda del rogo di Livorno.
Nel Maggio 2006 Africa Insieme denuncia il caso di una giovane donna rom romena, incinta e perciò non espellibile per legge, che viene invece espulsa e portata nel CPT di Ponte Galeria a Roma. Dopo una lunga vertenza, in cui vengono mobilitati anche alcuni parlamentari, la giovane donna viene liberata.
In questi giorni abbiamo assistito ad un episodio di eccezionale gravità: una giovane donna incinta, di nazionalità rumena, è stata trattenuta in Questura per un controllo sui documenti, quindi inviata al Centro di Permanenza di Roma per essere espulsa benchè la legge vieti espressamente l’espulsione per le donne in stato di gravidanza. Questi, in estrema sintesi, i fatti.
Il 20 Aprile scorso, agenti della Polizia Municipale e della Questura hanno effettuato un controllo presso l’abitazione della ragazza: si tratta di una baracca alla periferia della città, senza acqua potabile, corrente elettrica e servizi igienici. Un luogo dove una donna incinta non dovrebbe abitare, che forse avrebbe meritato un intervento dei servizi sociali e degli uffici casa del Comune, più che della Polizia.
La giovane donna, poco più che maggiorenne, non aveva il permesso di soggiorno, ma ha detto subito di essere incinta: è stata ugualmente accompagnata alla Questura per accertamenti. Ha mostrato un certificato medico, rilasciato dall’Ospedale S. Chiara di Pisa, dove era scritto chiaramente che con tutta probabilità si trovava nelle prime settimane di gravidanza, e che doveva sottoporsi ad ulteriori visite. Il certificato è stato ignorato dagli agenti in servizio, e per la donna è scattata l’espulsione.
La ragazza è stata accompagnata al Centro di Permanenza di Ponte Galeria a Roma, in attesa di sbrigare le formalità burocratiche necessarie per il rimpatrio. L’equipe medica dell’Associazione Mezclar, in un parere, ha spiegato che «il trasferimento nel Cpt di Ponte Galeria, senza aver accertato lo stato di gravidanza, ha esposto la ragazza ad un rischio per la sua salute e quella dell’eventuale bambino». Infatti nel primo periodo di una gravidanza quando è più alto il rischio di aborto e quando si consiglia il riposo, la ragazza è stata sottoposta al lungo viaggio verso Ponte Galeria, al sovraffollamento e alle dubbie condizioni igieniche del CPT, nonché ad un elevato livello di stress psico-fisico che sappiamo aumentare ulteriormente il rischio di un’interruzione di gravidanza.
Africa Insieme ha prontamente inviato il certificato medico al Centro di Permanenza. Qui, si è proceduto ad un giudizio sommario, senza la presenza di un avvocato e di un traduttore: il Giudice ha autorizzato l’espulsione, subordinandola però ad un ulteriore accertamento sullo stato di gravidanza. Il personale del Centro li ha comunicati a voce alla ragazza, di nuovo senza la presenza di un traduttore: “mi hanno detto che non sono incinta”, ci ha raccontato piangendo al telefono, “ma solo raffreddata”.
Grazie all’intervento dell’associazione romana “Action”, alcuni avvocati e parlamentari hanno fatto visita alla ragazza: l’hanno trovata spaventata e in pessime condizioni di salute. Al senatore Francesco Martone ha raccontato alcuni fatti ancora da chiarire, su cui sarà presentato nei prossimi giorni un esposto alla Procura della Repubblica. Infatti la ragazza durante la sua detenzione nel CPT ha accusato forti dolori addominali e un’emorragia importante in concomitanza con l’assunzione di farmaci somministrati alla ragazza dal personale medico del CPT , senza che lei capisse cosa stesse prendendo. Rimane da chiarire quale sia stato la causa clinica del suo malessere, il perché questo evento non sia stato indagato clinicamente, che farmaci abbia assunto, ma al momento risulta impossibile dato che né la ragazza, né il suo legale, anche in presenza del senatore Martone, sono riusciti a prendere visione della cartella clinica e del risultato del test di gravidanza.
L’unica cosa certa è che avrebbe bisogno di riposo, di accertamenti medici accurati e di un ricovero ospedaliero. La donna è in pericolo per la sua salute e per la sua integrità fisica, ma resta trattenuta al Centro di Permanenza perché su di lei grava un provvedimento di espulsione.
Ci chiediamo come sia stato possibile tutto questo. Abbiamo chiesto spiegazioni alle forze dell’ordine della nostra città, il cui intervento sbrigativo ha portato a queste conseguenze. Il Comando della Polizia Municipale, più volte contattato al telefono, non si è mai degnato di rispondere. Un dirigente della Questura ci ha spiegato che questo comportamento non corrisponde alla normale prassi della Polizia, e che probabilmente c’è stato un fraintendimento tra gli agenti e la ragazza. Vero è, però, che i rimpatri vengono eseguiti in fretta, quasi si trattasse di emergenze di ordine pubblico. In Questura non esistono traduttori, nemmeno nelle lingue più comunemente parlate dagli immigrati (arabo, francese, albanese o rumeno); nel corso delle procedure di espulsione gli stranieri non possono comunicare al telefono con nessuno. Gli avvocati sono contattati direttamente dalla Questura, se il legale di fiducia non si trova dopo il primo tentativo si chiama quello d’ufficio, che spesso non ha interesse ad occuparsi del caso. Come si può pensare che procedure di questo tipo garantiscano i diritti delle persone trattenute?
L’espulsione è stata evidentemente condotta in maniera irregolare e illegale e ha esposto una donna che con molta probabilità era incinta al rischio di un aborto precoce e a problemi di salute che dovranno essere ancora accertati, data la riluttanza del gestore del CPT a rilasciare le dovute informazioni.
Chiediamo quindi al Questore di revocare unilateralmente il decreto espulsivo, senza attendere la decisione del giudice sul ricorso presentato dal legale. In questo modo, la ragazza verrebbe immediatamente liberata dal CPT, e potrebbe sottoporsi ad accertamenti medici.
Africa Insieme, Ass. Mezclar-Ambulatorio Migranti, Laboratorio delle disobbedienze-Rebeldia