di Marco Philopat e Duka
Rebeldia ERGO SUM – vedi l’articolo in formato PDF (6M)
Il Manifesto, 20 Luglio 2010
Oggi l’udienza del Tribunale di Pisa sullo sgombero richiesto dal sindaco Pd Marco Filippeschi. Sui locali del Rebeldia il comune vuole costruire un faraonico progetto urbanistico. Gettando alle ortiche una delle esperienze più vitali della città
Avevamo saputo che il 12 giugno scorso, da una spiaggia pisana sull’Arno, era partito il «Rebel boat», un battello decorato di striscioni e bandiere che navigava a ritmo di musica in difesa di un atollo pirata. Le nostri menti si erano riempite all’istante con le immagini della Queen Elizabeth dei Sex Pistols sul Tamigi, della ciurma di Cappello di Paglia che si batte contro il governo mondiale nel manga One Piece, delle cialtronesche avventure di Jack Sparrow e i sanguinari racconti sulla Tortuga di Valerio Evangelisti.
C’eravamo esaltati via skype e volevamo partire subito dal Tevere o dai navigli per affrontare un viaggio degno di essere raccontato, ma per fortuna un nostro amico munito di tom tom ce l’aveva sconsigliato. Così, incontrandoci giorni dopo a Firenze, abbiamo intrapreso con un pedalò la navigazione lungo le rive dell’Arno e siamo approdati a Pisa in un torrido giorno di metà luglio. «Ma non pendeva a sinistra?» ci chiedevamo sventolando la Jolly Roger sotto la Torre. «Da qui sembra andare dall’altra parte!». «Tutto è relativo alla posizione in cui ti poni». «Se lo dici tu…». Alla ricerca del punto di vista ci siamo ritrovati in una bella protesta organizzata dagli attivisti del centro sociale Rebeldia dentro la sala del consiglio comunale. Il regolamento della cittadina di ormai deceduta tradizione progressista, prevede infatti che i normali cittadini, tramite una minima raccolta di firme, possano richiedere un’assemblea straordinaria del Consiglio su una determinata questione. Il Rebeldia, insieme alla casa editrice e archivio Biblioteca Franco Serantini aveva perciò ottenuto una discussione sugli spazi sociali in vista dello sgombero imminente dei luoghi dove le due strutture svolgono le proprie attività. Siamo entrati con 31 cartelloni e 31 piante differenti per rappresentare la biodiversità dei gruppi che fanno parte del progetto Rebeldia, il nome che si è dato un cartello di altrettante associazioni che 5 anni fa è entrato, col consenso del comune dopo lo sgombero della precedente sede, in un deposito abbandonato dell’azienda dei trasporti locali e l’ha trasformato in uno dei luoghi più vivaci di tutta la città e in un’oasi di dibattito e pensiero critico. Dal mercatino del Gas alla parete per le arrampicate, dai corsi di italiano per stranieri ai laboratori di informatica, passando per cineforum, biblioteche, sale concerti, poi Emergency, Lipu, Un Ponte Per, Fratelli dell’Uomo, Africa Insieme, Equilibri Precari e Ciclofficina. Il tutto, ovviamente, a costo zero per l’amministrazione comunale. Il Rebeldia è un centro sociale che ha un’originale configurazione, è aperto a tutte le situazioni di base della città che condividono i principi della partecipazione e dell’autogestione e che sono fermamente contrari al razzismo, al fascismo, alla guerra e alle attività a fini di lucro.
In mezzo alla foresta di piante e cartelloni veniamo a conoscenza che il sindaco del Pd Marco Filippeschi, un boy scout cresciuto che ha abbandonato i suoi pantaloncini corti per la giacca e la cravatta, in poco meno di due anni dalla sua nomina è riuscito a far credere ai suoi concittadini che Pisa sia diventata una specie di pericoloso ghetto sudafricano quando invece è risaputo che qui il tasso di criminalità è assai minore di quello di una ridente cittadina svedese. Da queste parti, se due persone si prendono a schiaffi finiscono sulle prime pagine dei quotidiani locali.
Oltre alle ordinanze antiborsone contro i venditori migranti di strada, al coprifuoco serale nelle zone più frequentate dagli studenti universitari, agli sgomberi forzati di campi rom e al divieto di vendita di alcolici nelle ore serali, il sindaco ha stretto un inspiegabile patto sulla sicurezza con il ministro Maroni, che è venuto di persona a firmarlo in prefettura. Non contento di tutto ciò, si è fatto assegnare una scorta di agenti andando a incappare nelle ire di tutti i sindacati di polizia che proprio la mattina del nostro arrivo, durante una conferenza stampa unitaria hanno dichiarato: «Il recentemente istituito ricorso al personale della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri nel servizio di tutela al Sindaco ci preoccupa perché causa una notevole riduzione di personale e può pregiudicare la risposta che la Questura riesce a garantire in termini di sicurezza alla cittadinanza».
Ma soprattutto Filippescu, così chiamato dai suoi stessi compagni fin dai tempi in cui militava nella Fgci locale, ha un suo preciso obiettivo, lo sgombero del Rebeldia per costruire un faraonico e costosissimo progetto urbanistico da 37 milioni di euro, mettendo al posto del centro sociale una stazione degli autobus, che dovrebbe sostituire quella che attualmente si trova dall’altro lato della strada e che è stata peraltro costruita solo nel 2005.
Il Rebeldia finora è riuscito a mantenere i propri spazi grazie a due manifestazioni che hanno raccolto ogni volta la partecipazione di tremila persone e sostenendo le trattative col Comune per ottenere uno spazio capace di contenere tutte le attività. Ma 37 milioni di euro sono tanti e così lo scorso anno il Comune ha dato il via ad un processo per sfratto. L’udienza per cacciare fuori rebeldiani era fissata per il 29 settembre. Ma le pressioni del Comune hanno «convinto» i magistrati ad anticiparla al 20 luglio per arrivare allo sgombero forzato in agosto.
Il Rebeldia, dopo il Rebel Boat, dopo un flashmob a base di tango, con decine di ballerini che hanno danzato contro lo sgombero sotto la Torre, un muro di scatoloni che è stato messo davanti al municipio con il nome di ogni realtà e accanto uno striscione con sopra scritto: «Ne abbiamo le scatole piene. No allo sfratto», il 30 giugno hanno organizzato una grande assemblea cittadina con oltre 250 persone – dagli anarchici del Kronstadt, della BFS e del Circolo di Vicolo del Tidi agli antagonisti del Newroz, dai Cobas agli ambientalisti e ai partiti ex-parlamentari Prc, Sel e Pcl – e soprattutto tantissimi frequentatori del centro per dire no allo sgombero. Hanno partecipato anche un assessore ed alcuni esponenti Pd che hanno proposto al Rebeldia il gesto «responsabile» di lasciare lo spazio. La risposta è stata nettissima: «Usciremo solo con una soluzione condivisa da tutte le associazioni», pertanto è stato chiesto il congelamento dell’iter giudiziario ed è stato provocatoriamente invitato Filippescu a visitare gli spazi di via Battisti, per prendere «coscienza con i suoi occhi delle tantissime attività che vi si svolgono e del bene comune che esse rappresentano». Considerando il fatto che il primo cittadino ha snobbato l’invito, i rebeldiani sono andati a cercarlo direttamente dentro al municipio.
Al consiglio comunale c’erano tutti tranne il Filippescu, impegnato a Shanghai sulla via della globalizzazione a rinverdire le mire mercantili della vecchia repubblica marinara. Le manie di grandezza del sindaco erano già note per avere più volte paragonato Pisa a Parigi, ma questa missione cinese per evitare il confronto annunciato nessuno poteva aspettarsela. Dopo un’interminabile riunione durata più di sei ore, mentre le nostre piantine stavano boccheggiando nel caldo infernale dell’aula, è stato annunciato che la discussione veniva rimandata a lunedì 19 luglio.
A quel punto è stato proposto di riarmare la Rebel Boat, di tornare a scampanellare con la Critical Mass in giro per le strade, di allestire una mongolfiera, di affittare un tappeto volante, di attivare il teletrasporto. Poi abbiamo scoperto la flemma pisana. Tutti sdegnati e sudati, i rebeldiani hanno dapprima innaffiato le piantine, poi hanno ben cenato e infine sono andati tutti quanti a ballare reggae e dub in una spiaggia sull’Arno. Abbiamo finalmente capito perché solo in questa città poteva sopravvivere l’ultima street parade antiproibizionista, la famigerata Canapisa, giunta quest’anno alla sua decima edizione nonostante i tentativi di divieto delle autorità comunali.
Tuttavia noi non eravamo pisani. L’adrenalina piratesca non scendeva, volevamo provare un’ultima sortita, ma con il nostro pedalò non avremmo mai potuto affrontare gli oceani per abbordare il galeone del Filippescu. L’amico del tom tom ce l’ha nuovamente sconsigliato e poi martedì ci sarà il processo, c’è da preparare la colazione rebelde sulla scalinata del tribunale per tutti quelli che vogliono farsi sentire dal sindaco fino nel lontano oriente.
Pingback: Maggio-Luglio 2010, la vertenza per Rebeldia « Africa Insieme di Pisa